Mi è capitato di vedere questa immagine su FB, vantava un numero spropositato di condivisioni.

True Story!

La prima cosa che mi ha fatto pensare non è quanto FIFA13 sia meglio del suo rivale PES2013.
Ho pensato che una immagine così io l’avevo già vista, quando da studente facevo il Merchandiser nei centri commerciali e nei megastore dell’informatica.

Probabilmente quest’immagine è frutto di una piccola intuizione… fare una foto subito dopo aver finito di montare il dispenser ma prima di aver disposto tutte le copie di Fifa13 ha dato l’occasione di creare un meme per i social che indirettamente dicesse quale tra i 2 rivali nei videogiochi di calcio fosse il più apprezzato dai giocatori.

Non serve poi molto per innescare una comunicazione virale, a volte anche una piccola intuizione.

Ieri, Michael Bay – autore di film come “Armageddon”, “Pearl Harbor” e la saga “Transformers” – è salito sul palco della Samsung ad una delle più grandi fiere dell’elettronica degli Stati uniti, il CES di Las Vegas. Era un evento promozionale, Bay avrebbe dovuto parlare dei nuovi prodotti Samsung insieme ad uno dei massimi dirigenti della Samsung, ma qualcosa non è andato come sarebbe dovuto.

Ci capita spesso di vedere in Tv o dal vivo persone che parlano in pubblico, a meno che non si abbiano grandi problemi di timidezza tutto ci appare come apparentemente molto facile. Si sale su di un palco con in mano qualche foglio, o anche no, e si comincia a parlare di qualcosa che conosciamo bene, o che dovremmo conoscere bene.
In realtà non è tutto qui.

Uno “speech” è una attività con le sue regole, che necessita molta più preparazione di quello che ci si possa aspettare. Non assomiglia nemmeno lontanamente a quello che abbiamo provato centinaia di volte a scuola durante un’interrogazione e anche li non sempre era così facile parlare.

Innanzi tutto bisogna saper controllare le emozioni, finché non le si sperimenteranno in prima persona non sapremo mai quanti scherzi siano in grado di farci le nostre emozioni. Una delle prime volte in cui ho parlato di fronte ad un pubblico numeroso (e per me molto importante) ho sperimentato una sorta di sdoppiamento della mia mente (non è una bella sensazione). Una parte del mio cervello governava la mia bocca indipendentemente dalla mia coscienza che contemporaneamente era indaffarata a dirmi quanto io fossi imbarazzante e quanto fosse incomprensibile ciò che stessi dicendo.

Poi bisogna avere padronanza del tempo e questa è una delle cose più difficili da fare, il tempo è tutto, e andrebbe sempre provato, bisogna esercitarsi a dare il giusto tempo alle nostre frasi e a padroneggiare le pause.

Quindi bisogna saper modulare la voce, come la punteggiatura è fondamentale nella scrittura, l’intonazione lo è nell’arte di parlare in pubblico, dobbiamo evitare di essere mono-toni cioè tenere per tutto lo speech la stessa intonazione, non esiste nulla di più soporifero.

Poi bisogna aver consapevolezza del proprio corpo, perché se non ci troviamo seminascosti dietro un leggio (al quale solitamente ci si aggrappa come se fosse un relitto di una nave appena naufragata), dovremmo usare il nostro corpo per agevolare la comprensione di quello che stiamo dicendo invece di distrarre i nostri ascoltatori.

Infine bisogna aver ben chiaro quello che vogliamo dire, non sempre è così, e molto spesso ci si affida alla nostra (sopravvalutata) capacità di improvvisazione.

Vi consiglio questo sito: http://www.ted.com/talks?lang=it io ne ho una sorta di dipendenza.

AVVERTENZA: Questo post è leggermente più lungo del solito, perché ho avuto l’onore di intervistare l’ideatore di una pagina facebook fantastica e di tutto quello che vi ruota attorno, scriverne di meno non sarebbe stato possibile né tantomeno giusto, buona lettura.

Chi per ragioni di lavoro o anche solo per cercare di pubblicizzare la propria passione si addentra nel mondo dei socialmedia, scopre ben presto che ottenere un “like” o una condivisione non è così facile come sembra.

vola basso nininCi sono dei classici errori che un approccio “fai da te” immancabilmente sconta: uno su tutti è quello di far confusione tra profili e pagine. Capita infatti di vedere attività commerciali oppure organizzazioni che aprono profili Facebook invece che pagine, questo oltre che a violare palesemente il regolamento di Facebook è uno degli errori più grossolani. A volte chi apre un profilo invece di una pagina lo fa scientemente perché crede che l’amicizia ottenuta da un contatto sia più duratura e più facile da ottenere che un “like” sulla propria pagina.

In realtà chiedere l’amicizia ai potenziali clienti è il modo migliore per scocciarli.

Per ottenere “like” da parte dei vostri clienti (o fan), soprattutto nei momenti iniziali, bisogna tener presente di molte cose. Se mi chiedessero di considerarne una sola io consiglierei sempre di mantenere il contatto con la vita reale, con quello che ogni giorno fate concretamente off-line, invece di cercare a tutti i costi di attirare e attrarre. Siate sinceri, raccontatevi.

Internet è importante, ma non è il sostituto della realtà.

L’efficacia dei vostri post è insita in un continuo intreccio tra off-line e on-line, quello che fate nella vostra giornata deve entrare nel social media. Quello che costruite, cioè il vostro network sociale, deve in qualche modo concretizzarsi con la vita reale che vivete fuori dalla rete.
Per riuscire a far questo è importante che teniate presente un altro concetto: la Cross-medialità.
Essere Cross-mediali significa comunicare utilizzando forme diverse: audio, video, scrittura, immagini.. ed inoltre tutti questi formati differenti devono ibridarsi, devono entrare in contatto ed influenzarsi, per certi versi fondersi senza perdere la propria peculiarità.

In questo post vi voglio presentare un caso di successo che rappresenta perfettamente questa “ibridazione” tra forme diverse, mondi diversi, epoche diverse.

quilly

La settimana scorsa ho avuto il piacere di intervistare Simone “Quilly” Tranquilli che insieme a Leonardo Barucca e Andrea Scaloni ha fondato “Gent’d’S’nigaja”, una pagina facebook che nonostante si possa considerare “di nicchia” vanta quasi 6000 “like” su facebook e una fantastica interazione reale/virtuale: basta solo dire che i loro “meme” sono usciti dalle bacheche di Facebook per diventare quadri appesi nei principali locali di Senigallia, perché tutto nasce da qui.. da Senigallia.

Quadri

Senigallia è una cittadina di mare della provincia di Ancona nelle Marche, famosa per aver dato i natali al Papa con il pontificato più lungo dopo quello di Pietro, per il CaterRaduno di Radio2, per la spiaggia di velluto e  per il mega raduno anni ’50 conosciuto come Summer Jamboree.
“Quilly” mi spiega che il dialetto Senigalliese è l’ultimo avamposto del dialetto gallo-italico ereditato dai Galli di Brenno che sconfisse nel 300 a.C. i Piceni e che poi dopo aver messo a ferro e fuoco Roma tornò a stabilirsi nelle zone intorno Senigallia fino alla Battaglia del Sentino.

In questa cartina dell’area cispadana, la zona di diffusione del dialetto galloitalico marchigiano è quella colorata in rosa scuro con la dicitura “IVg – Marchigiano Settentrionale”.

Simone “Quilly” è un collage di eclettismo, intraprendenza e simpatia, ma non solo, è anche un edicolante del lungo mare della splendida Senigallia.
Mescolando intuizione, attenzione grafica e una naturale inclinazione per l’ironia ha saputo creare un caso di successo in poche “semplici” mosse.

Mi racconta che la nascita del primo “meme” nasce proprio da una telefonata col suo medico mentre casualmente stava vedendo un’immagine del Dottor House, da li in poi non si è più fermato.

house

La pagina Gent’d’S’nigaja conta un traffico che si aggira intorno ai 1000 “ne parlano”, per ottenere questo risultato il segreto è nell’aggiornamento costante e nella curiosità di sperimentare nuove possibilità cross-mediali.

Il trio infatti non si è limitato a deliziare il web con “meme” esilaranti e poesie dialettali, ma ha sapientemente portato la sua azione dal mondo reale in rete con video delle loro performance live di reading di poesie vernacolari, oppure facendo l’inverso, cioè far uscire l’on-line nel mondo reale, con magliette e felpe irriverenti o altri divertenti oggetti di culto.

felpe
Questa incredibile fertilità creativa ha saputo generare un Brand che le persone amano mostrare per condividere la propria appartenenza ad una comunità locale e dialettale come quella Senigalliese, non importa se è per nascita o per il legame che in anni di villeggiatura estiva si è creato, chiunque si senta legato a Senigallia ora può dichiararlo al mondo con la maglietta di Gent’d’S’nigaja ed entrare a far parte della “Gent’d’S’nigaja around the world” ovvero l’album dei fan che si fanno fotografare in giro per il mondo con le magliette di Gent’d’S’nigaja.

CNN

Il segreto di questo fenomeno è anche nel perfetto connubio tra valore locale e mezzo globale.
Il dialetto in rete funziona perché come direbbero i sociologi è la quinta essenza del Glocale, cioè della fusione tra un elemento distintivo e percepito come un valore positivo locale catapultato ed espresso su scala globale grazie ad un mezzo (media) globale come la rete internet.

Gent’d’S’nigaja è anche un blog in continua evoluzione, dove a breve dovrebbe nascere anche una sezione e-commerce richiestissima da chi segue la pagina dall’estero e non può passare all’edicola di Quilly per accaparrarsi l’ultima trovata.

Stampa

Articolo apparso nella cronaca di Senigallia del “Corriere Adriatico”

Gent’d’S’nigaja si fa anche promotrice di iniziative di importanza sociale o di attività commerciali che valorizzino il territorio, tra le ultime ricordiamo “Senzanbocch“, un mercatino del baratto e micro-baratto ben raccontato da “Quilly” in persona in questo video.

Senegal

Tutto ciò è nato negli anni, spontaneamente con passione e dedizione.

Il caso di Gent’d’S’nigaja ci insegna che se c’è autentica passione e sincerità intellettuale, questa verrà esaltata da una sapiente attività sul web, se invece le attività che si vanno a generare vengono pensate esclusivamente come mezzi per ottenere qualcos’altro la loro efficacia sarà nulla o addirittura negativa.